Ne abbiamo abbastanza di liberali ottusi, gretti e malvagi, che vedono il mondo a misura della loro miseria umana.
L’espressione "Bambini Abarth", utilizzata nell'articolo, è stata coniata da P. CREPET, che nel suo Non siamo capaci di ascoltarli, Einaudi, Torino, 2001, scrive: «Ricordate le utilitarie di moda negli anni Sessanta? All’esterno erano delle normali Cinquecento o Seicento, eppure sotto il cofano avevano motori truccati, esagerati e roboanti per far colpo sulle ragazze. Avevano un difetto: duravano molto poco. I bambini Abarth non si riconoscono dall’esterno ma il loro cervello è stato truccato per farli andare al massimo, costantemente fuori giri». Il che porta, molto spesso a risultati umanamente preoccupanti: «Molti dei percorsi che portano un adolescente a farsi del male nei tanti modi possibili iniziano da una perfezione forzata, da una coazione all’assoluto. Genitori, insegnanti, allenatori, preti hanno un ruolo e una responsabilità: la competizione non è per tutti e soprattutto non seleziona i migliori, solo i meno sensibili» (pp. 12 e 14). Nello stesso libro Crepet ricorda, inoltre, che la scuola deve «essere anche un luogo mite, capace di insegnare a sopravvivere anche a quei bimbi che non vogliono diventare gladiatori ma persone sensibili» (p. 7). Sullo stesso argomento cfr. anche N. CIANCI, I mercanti e il tempio, Nuovo Mondo, Paglieta, 1993, nota a pp. 138-139.
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L’espressione "Bambini Abarth", utilizzata nell'articolo, è stata coniata da P. CREPET, che nel suo Non siamo capaci di ascoltarli, Einaudi, Torino, 2001, scrive: «Ricordate le utilitarie di moda negli anni Sessanta? All’esterno erano delle normali Cinquecento o Seicento, eppure sotto il cofano avevano motori truccati, esagerati e roboanti per far colpo sulle ragazze. Avevano un difetto: duravano molto poco. I bambini Abarth non si riconoscono dall’esterno ma il loro cervello è stato truccato per farli andare al massimo, costantemente fuori giri». Il che porta, molto spesso a risultati umanamente preoccupanti: «Molti dei percorsi che portano un adolescente a farsi del male nei tanti modi possibili iniziano da una perfezione forzata, da una coazione all’assoluto. Genitori, insegnanti, allenatori, preti hanno un ruolo e una responsabilità: la competizione non è per tutti e soprattutto non seleziona i migliori, solo i meno sensibili» (pp. 12 e 14). Nello stesso libro Crepet ricorda, inoltre, che la scuola deve «essere anche un luogo mite, capace di insegnare a sopravvivere anche a quei bimbi che non vogliono diventare gladiatori ma persone sensibili» (p. 7). Sullo stesso argomento cfr. anche N. CIANCI, I mercanti e il tempio, Nuovo Mondo, Paglieta, 1993, nota a pp. 138-139.
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